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Statuetta di Buddha seduto su trono inciso

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La leggenda narra che il Buddismo fu introdotto per la prima volta in Giappone nel 552 da un re coreano che inviò "un'immagine di [Sakyamuni] in oro e rame, diverse bandiere e ombrelli e un certo numero di volumi di sutra" insieme a un memoriale che lodava il Buddismo come "tra tutte le dottrine la più eccellente... Ogni preghiera è esaudita e nulla manca" (Nihon Shoki, trad. WG Ashton, vol. 29, sez. 33\u201335). Questa leggenda può o meno essere basata su un evento storico reale; tuttavia, i primi stati giapponesi di Yamato e Nara avevano un fiorente commercio con la Corea e il continente asiatico, che continuò fino alla fine della dinastia cinese Tang nel IX secolo. Artigiani, monaci e missioni diplomatiche portarono in Giappone una ricca gamma di oggetti affascinanti sia religiosi che secolari. Nei primi anni del buddismo giapponese, la fede era in gran parte patrocinata dal clan dominante, che istituì un governo centralizzato sul modello dei Tang. La loro capitale, la città di Nara, emulava consapevolmente la capitale cinese Chang'an. Templi e immagini erano simbolo del potere e dello splendore della corte, manifestazione tangibile del mandato di governare. Corporazioni di artigiani, chiamate be, molti dei quali erano coreani, fornirono i mezzi tecnici e artistici per i massicci progetti commissionati dagli imperatori e imperatrici Nara, resi in oro, bronzo, broccati, lacca e legno. Il sottile drappeggio e il corpo rivelatore Le linee di queste due statue di Buddha alludono all'estetica sinuosa ed elegante della Cina Tang, all'epoca portabandiera della sfera culturale dell'Asia orientale. Piccole immagini come queste erano comuni sia in Corea che in Giappone, dove venivano spesso collocate, insieme alle reliquie del Buddha (shari o saria in sanscrito), nelle pagode di pietra all'interno dei recinti dei templi. Il culto di Amitabha era un'immagine prevalente anche in Giappone, lo zelo per la Terra Pura prese piede nella corte giapponese solo più tardi, nell'XI secolo.

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